Siamo agli sgoccioli di questo decennio di “venti”… Venti da nord, da sud e da tutto intorno, un turbine in cui si parte ancora bimbe e si arriva in fondo mogli e madri e laureate e a pensare ai mutui e alla carriera si/carriera no, alla conciliazione famiglia-lavoro e a tutte quelle cose che sembravano lontanissime, appartenenti a un’altra specie di viventi ma che all’improvviso diventano il tuo ordine del giorno, urgente e senza possibilità di procrastinazione.
A pensarci troppo mi viene il groppo (bella rima, badialima!) e allora preferisco andare avanti a testa bassa, che mi viene meglio.
Ieri, appunto, giorno del mio ventottesimo compleanno, è stata quella che nella vita delle persone normali si può definire una “giornata campale”.
C’è stata la preselezione del Concorso (che affettuosamente si potrebbe chiamare anche Concorsone, vista la folla biblica che ha affollato l’esame), alla quale ho partecipato a denti stretti e con lo stomaco attorcigliato per l’ansia.
Tra le mie Paranoie, vince il Paranoio d’Oro della giornata il terrore di non risultare nella lista degli iscritti.
Fortunatamente c’ero. Mi hanno cercato e trovato nel fitto dei nomi due amabili anziani armati di lente d’ingrandimento, mi hanno messo un bracciale di carta verde, mi hanno dato il foglio con le istruzioni e spedita dentro col resto della madria.
Le restanti posizioni nella top-ten dell’ansia ieri sono state occupate da pensieri vagamente schizoidi tipo: “E se poi passo?” “Non è il lavoro della mia vita, ho due lauree, cosa ci faccio qui?” “Pensa al mutuo” “Pensa alla bimba” “Buzzurri” “E se non passo?” “E se inciampo nei gradini e mi rompo l’osso del collo contro la spalliera di ferro?” “E se il sound system crollasse sul tavolo della commissione?”. Un variegato brainstorming di questo tenore caratterizzato da dettagli pulp, che si è interrotto quando sono iniziati i mistici, concitati 25 minuti di prova, in cui la mente fa il favore di dedicarsi di una totalizzante totalità finalizzata a rispondere ai 60 quesiti, come nelle migliori meditazioni. Vedremo cosa si è raccolto tra una settimana, quando tutti e diecimila i test saranno passati sotto l’occhio del correttore automatico e si saprà se sono stata ammessa alla seconda prova o meno. Ho ricevuto varie foto di culi di Aussie e di code di gatto incrociate da parte delle amiche, che nel momento del bisogno si riconoscono anche da questi gesti di vera solidarietà e vicinanza emotiva.
L’Infanta in tutto ciò è stata con il babbofamilias per l’intera mattinata e se la sono cavata alla grande, anche grazie alle fatiche congiunte mie e del tiralatte.
Avendo quindi non una (il mio compleanno), non due (il Concorsone), ma ben tre (mamma e figlia che si ritrovano dopo il tempo più lungo passate separate dal concepimento a adesso, cinque ore circa) cose da festeggiare, il babbofamilias ci ha caricate sul bus sessantuno e siamo stati in centro a mangiare gli arancini alla norma io, i miei preferiti quando ero incinta, e il panino con la milza lui, perché nonostante l’apparenza e l’ascendenza padana, nel suo petto batte un cuore sicuramente terronissimo.
Poi mi ha portato a vedere la mostra di Klimt, per la quale ho un solo commento: emozionante. Ci voglio tornare. Ho anche comprato il catalogo, dando una spallata all’austerity che ci contraddistingue ormai da mesi.
A sera, mi sono guardata indietro e ho avuto l’impressione di aver vissuto quattro giorni pieni, tanto ero stanca.
Avevo talmente tanto sonno che a nulla è servita la voglia di continuare a leggere la mia ultima ossessione, cioè i fumetti di The Walking Dead su youtube: il letto ci ha viste crollare alle ore otto, un’ora prima della nostra solita ritirata, quando fuori era ancora chiaro.