Cose belle prima durante e dopo Pasqua

La primavera ormai è esplosa.
La Mammafamilias fa cose e vede gente. Ha iniziato una cura ricostituente, perché nonostante le ingenti quantità di cibo che ingurgita le cascano i pantaloni che prima le andavano stretti – per quanto il raggiungimento della megrezza sia uno dei traguardi della donna bianca occidentale, la nonnafamilias l’ha vista smunta e le ha dato lo sciroppo all’Alfa Alfa per rimettersi un attimo in sesto.
La mammafamilias ha preso una filonata per i reality che parlano dell’Alaska e vuole diventare l’esperta mondiale in materia, scrivendo fiumi di parole e concetti profondissimi sull’argomento, magari a notte fonda: ha troppo da fare e talvolta rimpiange di non aver mandato l’Infanta al nido. Ma la scelta era tra la pastasciutta nel piatto e il costosissimo nido, per cui ha scelto la pastasciutta e riserva allo studio e alla meditazione sui massimi sistemi le ore della notte più nera e profonda.
Intanto in questo luogo alle porte della Grande Città finalmente la primavera sta esplodendo: i Narcisi fioriscono, le gemme stanno per esplodere, le salamelle sfrigolano sulle griglie, gli alberi da frutto fioriscono e l’erba cresce ipertrofica.
La Rosa, sottoposta a una radicale potatura, ha buttato di nuovo e questo ha placato le ansie di una giardiniera che ha visto operare per anni ma ha da poco preso in mano i ferri del mestiere e temeva di aver amputato il paziente in maniera troppo radicale.
I miracoli della natura.
Adesso la materfamilias torna a studiare i regolamenti didattici di Ateneo, perché la competizione per lavorare nelle segreterie didattiche sarà feroce e lei non deve trovarsi impreparata.

Ventotto

Siamo agli sgoccioli di questo decennio di “venti”… Venti da nord, da sud e da tutto intorno, un turbine in cui si parte ancora bimbe e si arriva in fondo mogli e madri e laureate e a pensare ai mutui e alla carriera si/carriera no, alla conciliazione famiglia-lavoro e a tutte quelle cose che sembravano lontanissime, appartenenti a un’altra specie di viventi ma che all’improvviso diventano il tuo ordine del giorno, urgente e senza possibilità di procrastinazione.
A pensarci troppo mi viene il groppo (bella rima, badialima!) e allora preferisco andare avanti a testa bassa, che mi viene meglio.


Ieri, appunto, giorno del mio ventottesimo compleanno, è stata quella che nella vita delle persone normali si può definire una “giornata campale”.
C’è stata la preselezione del Concorso (che affettuosamente si potrebbe chiamare anche Concorsone, vista la folla biblica che ha affollato l’esame), alla quale ho partecipato a denti stretti e con lo stomaco attorcigliato per l’ansia.
Tra le mie Paranoie, vince il Paranoio d’Oro della giornata il terrore di non risultare nella lista degli iscritti.
Fortunatamente c’ero. Mi hanno cercato e trovato nel fitto dei nomi due amabili anziani armati di lente d’ingrandimento, mi hanno messo un bracciale di carta verde, mi hanno dato il foglio con le istruzioni e spedita dentro col resto della madria.
Le restanti posizioni nella top-ten dell’ansia ieri sono state occupate da pensieri vagamente schizoidi tipo: “E se poi passo?” “Non è il lavoro della mia vita, ho due lauree, cosa ci faccio qui?” “Pensa al mutuo” “Pensa alla bimba” “Buzzurri” “E se non passo?” “E se inciampo nei gradini e mi rompo l’osso del collo contro la spalliera di ferro?” “E se il sound system crollasse sul tavolo della commissione?”. Un variegato brainstorming di questo tenore caratterizzato da dettagli pulp, che si è interrotto quando sono iniziati i mistici, concitati 25 minuti di prova, in cui la mente fa il favore di dedicarsi di una totalizzante totalità finalizzata a rispondere ai 60 quesiti, come nelle migliori meditazioni. Vedremo cosa si è raccolto tra una settimana, quando tutti e diecimila i test saranno passati sotto l’occhio del correttore automatico e si saprà se sono stata ammessa alla seconda prova o meno. Ho ricevuto varie foto di culi di Aussie e di code di gatto incrociate da parte delle amiche, che nel momento del bisogno si riconoscono anche da questi gesti di vera solidarietà e vicinanza emotiva.

L’Infanta in tutto ciò è stata con il babbofamilias per l’intera mattinata e se la sono cavata alla grande, anche grazie alle fatiche congiunte mie e del tiralatte.

Avendo quindi non una (il mio compleanno), non due (il Concorsone), ma ben tre (mamma e figlia che si ritrovano dopo il tempo più lungo passate separate dal concepimento a adesso, cinque ore circa) cose da festeggiare, il babbofamilias ci ha caricate sul bus sessantuno e siamo stati in centro a mangiare gli arancini alla norma io, i miei preferiti quando ero incinta, e il panino con la milza lui, perché nonostante l’apparenza e l’ascendenza padana, nel suo petto batte un cuore sicuramente terronissimo.
Poi mi ha portato a vedere la mostra di Klimt, per la quale ho un solo commento: emozionante. Ci voglio tornare. Ho anche comprato il catalogo, dando una spallata all’austerity che ci contraddistingue ormai da mesi.

A sera, mi sono guardata indietro e ho avuto l’impressione di aver vissuto quattro giorni pieni, tanto ero stanca.

Avevo talmente tanto sonno che a nulla è servita la voglia di continuare  a leggere la mia ultima ossessione, cioè i fumetti di The Walking Dead su youtube: il letto ci ha viste crollare alle ore otto, un’ora prima della nostra solita ritirata, quando fuori era ancora chiaro.