Letture: Naomi Aldort

Una premessa. 
La sottoscritta è leggermente ossessiva quando si tratta di ansia da prestazione e capire “come funziona”. Dal nonno materno, frequentato troppo assiduamente negli anni dell’imprinting, ho ereditato una passione smodata per i manuali, le ricette, i foglietti illustrativi e le istruzioni (a volte dette “distruzioni”: e ci sarà un perché) in generale.
Uno dei modi in cui affronto un problema senza affogare nell’ansia, dunque, è cercando di capire come funziona il tutto in questione, possibilmente leggendo fiumi di parole sull’argomento, siano esse su carta stampata o su internet. Che queste parole vengano poi messe in pratica, è secondario. Trascorro ore e ore leggendo, con il risultato che spesso, nel tentativo di coprire tutto lo scibile umano su un argomento, emergo più confusa e frastornata di prima, interiorizzo e poi faccio comunque un po’ come viene viene. Babbofamiliae si rifiuta di partecipare a tale delirio bibliografico, laconicamente afferma “che si potrebbe semplicemente seguire il buon senso” promettendo di effettuare le sue letture in un futuro prossimo, cosa che puntualmente viene rimandata. Lui è contento con il buonsenso e io faccio il topo di biblioteca per tutti e due, e poi gli passo il compito facendogli i riassunti nei momenti in cui potremmo che ne so, guardarci intensamente negli occhi e dirci paroline romantiche. 

Affacciandomi alla maternità, dunque alla genitorialità, non potevo esimermi dalla pratica succitata, ovvero affrontare una congrua quantità di letteratura, sia cartacea che internautica. Sono arrivata a Naomi Aldort attraverso uno dei blog che seguo, Bauhauswife. Bauhauswife è una signora che abita in un gelido angolo del Canada, ha quasi sei figli e pochi anni più di me. Ha una vita molto più radicale della mia e scrive cose a parer mio decisamente sensate sull’argomento bambini-decrescita-parto naturale-arte-vita. Tra le letture che recensisce e consiglia nel suo piccolo Amazon-shop, c’è anche “Raising your children, raising yourself”.
Fidandomi, l’ho comprato e l’ho letto. E ho fatto bene.
Naomi Aldort è una psicologa, ha un dottorato di ricerca che non guasta mai e diverse pubblicazioni all’attivo. Insomma non è la prima arrivata nel suo campo.
Il libro propone un ascolto aperto e maturo dei bambini, di trattarli come pari – ma senza esagerare -, di leggerne le angosce e le gioie con serenità, di lasciare che esprimano le emozioni senza sentirsi in pericolo. Spiega perché il bambino ha sempre ragione a comportarsi come si comporta, perché non ha senso dire “no” quando ci verrebbe da dire “no”, ma senza che la situazione degeneri in una specie di giungla selvaggia senza regole né ragioni, e in generale come avere un atteggiamento rispettoso dell’individuo che è la nostra prole, anche se in formato ridotto.
Suggerisce anche di essere indulgenti e gentili con sé stessi, di ritagliare degli spazi protetti in cui esprimere le nostre emozioni e i nostri malesseri senza riversarli sui figli. Dà anche ottimi consigli su come portare avanti un ménage familiare senza troppi strappi.  Il tutto usando le armi dell’autoironia, della leggerezza, del non prendersi troppo sul serio e di vedere le cose in una sana prospettiva. E anche degli esempi pratici, che per me che sono toro con una quantità mostruosa di valori capricornini, quindi irrimediabilmente pratica e calata nella realtà, aiuta infinitamente la comprensione.
Mi è piaciuto molto. Chissà quanto tempo passerà prima che lo traducano in italiano.
L’autrice è anche un’ottima oratrice, i suoi video si trovano su youtube e se capite l’inglese, ve ne consiglio la visione.
Nonostante la mia unica figlia abbia solo poco meno di quattro mesi, la lettura è stata illuminante e mi ha molto pacificato nei confronti di alcuni comportamenti a me altrimenti incomprensibili, delle mie reazioni automatiche e poco sensate, frutto di un vissuto in cui la povera Infanta c’entra poco. Crescere i propri figli per crescere noi stessi. Cosa potevo chiedere di meglio?
Vedremo come va nei prossimi anni.