Ciao, è passato quasi un anno

Ebbene.
Ne sono successe di cose.
S’è imparato molto (come si accende un mutuo? come si fa a sopravvivere con un’attività in proprio e la p.IVA, una gravidanza in corso, una bambina di meno di tre anni e una vita? come si fa a traslocare in Luglio con una panza di sette mesi? come si fa a smontare un trasloco con una panza di otto mesi a agosto? e via di quesiti esistenziali), e per impararlo, si è fatto tutto.
Niente studio preventivo, per noi, tutta esperienza sul campo.
Ora so cos’è l’olio paglierino, perché la nuova casa ha le porte di rovere e abbiamo dei mobili di legno di quelli che di solito hanno le persone adulte, bellissimi.
Ora so come si pota un glicine, perché non vorrei mai essere sopraffatta dalle fresche frasche.
Ora so cosa vuol dire far mettere la messa a terra a una casa dall’elettricista.
Ordinare la cucina all’Ikea, gioire perché abbiamo una lavastoviglie, signori miei!
E la soddisfazione di sistemare in bell’ordine le proprie porcellane nella vetrina, usarle tutti i giorni, scoprendo con un certo stupore che c’è una coerenza estetica che le unisce, farsi venire gli occhi umidi perché quasi tutto proviene dalla collezione di nonna.
Insomma.
Tra il lusco e il brusco ho compiuto trent’anni, la vita mi mette alla prova probabilmente perché ritiene che io sia sufficientemente giovane e forte e adulta.

È passato quasi un anno, l’anno scorso non lo sapevo, ma tra una settimana partorisco.

The Dark Side of the Moon

Sono sveglia da più di 13 ore di fila.
Non mi sono fermata un attimo, sono le sette di sera.
Ho appena visto un’application per un lavoro che mi interessa moltissimo e vorrei mettermi a prepararla immediatamente. L’Infanta mi vuole, terribilmente mi vuole e mi desidera con ogni fibra del suo essere: è stata una giornata lunga anche per lei, siamo state divise tanto tempo tra nido, lavoro, giochi.
Mi sento una persona e una  madre orrenda, perché invece io vorrei solo starmene da sola, a pensare al modo migliore di elaborare la mia application, magari sorseggiando un tè, mentre la cena si prepara, oppure si potrebbe anche saltare, la cena, per stasera.
Ieri sera sono stata qui, a fare un laboratorio di arte e teatro proprio su questo malessere.
Sugli aspetti bui e nascosti della maternità, sulle lacrime che nessuno (nemmeno noi stesse) vogliamo vedere, su come a volte usiamo i figli per proteggerci dal mondo e questo ci fa vergognare, perché al giorno d’oggi essere solo mamma non si può, essere stanca per qualche mese non si può, essere stufa ogni tanto non si può, avere incubi spaventosi in cui figli ci divorano vive, ci fanno a pezzi, non si può. Di come è difficile trovarci in un mare in tempesta e tenere la barra dritta o almeno provarci, di come rivorremmo il lettone tutto per noi, di come i figli ci asciugano le tette e l’anima, di quella Medea che si annida nelle pieghe più nascoste e oscure e inenarrabili di ognuna di noi.
Chiamare a raccolta le nostre antenate, raccontarci nelle parole delle altre, mangiare la torta, sono tutte cose che mi hanno fatto innamorare di questo laboratorio.
Ma raccontarvi nel dettaglio il lavoro che si fa a MAdRi non avrebbe senso perché questo genere di narrazione va vissuta, e poi c’è la pagina facebook in cui si vede tutto (anche la sottoscritta, che è scarsamente fotogenica e spettinata come in poche occasioni è stata).
È un ciclo di quattro incontri, in cui si raccontano gli aspetti più importanti, o forse è meglio dire, quelli che sono meno alla luce della ribalta e meritano uno scavo interiore, dell’essere madri: il parto, i lati in ombra, l’aborto, i modelli di maternità
Vorrei aver partecipato dal primo incontro e non dal secondo. La mia anima ne è uscita lucidata, rinfrescata, riposata, riappacificata con se stessa e il suo vissuto di figlia, di mamma, di donna.
Se siete a Milano, fatemi un favore, scrivete alle organizzatrici e precipitatevi.

Nuove Bozze

La mammafamilias ha ripreso contatto con lo sfavillante mondo dell’internet dopo un esilio forzato di lunghezza quasi epica, una cosa che non si vedeva dal 2007 circa.
In questo tempo sono successe molte cose: non è che siamo stati granché bene, come salute, il che ha avuto qualche ripercussione a livello di umore, non indifferente.

L’Infanta, alla bella età di quasi 16 mesi, sta imparando a camminare e recuperando terreno sui percentili, che hanno subito lo scossone delle ustioni alle mani e della conseguente inappetenza.

Il babbofamilias ha vangato un terreno per la prima volta in vita sua, dove abbiamo seminato, con un certo timore reverenziale, il prato. Ci sarebbero da scrivere fiumi di parole sui semi che si spargono in terra, i rastrelli, le pale e le zappe.
Fiaccati dalle scodate dei mali di stagione, abbiamo smesso di strappare terreno alle infestanti, vitalba in testa, con la quale la materfamilias vuole assolutamente dedicarsi all’antica arte dell’intreccio dei cesti, da autodidatta come quasi tutto quello che fa.

La stanza fredda è diventata il mio semenzaio (lavanda, margherite, insalatine da taglio, zucchine, elicrisio)

La crisi economica della nostra famigliola intanto continua: questo farci le ossa tra le ristrettezze economiche avrebbe anche cessato di essere un’esperienza edificante. Per cui la mammafamilias manda curriculum ai quattro angoli del regno e studia per i Concorsi, continua a lavoricchiare per l’Azienda e soprattutto vorrebbe tantissimo che qualche Scolaro bussasse alla sua porta, ché insegnare ai Durissimi è cosa buona e giusta, porta denari fruscianti e le da’ grosse soddisfazioni quando questi, puntualmente, superano gli esami grazie alla sua guida, una mano di ferro in un guanto di ferro.

A presto, a prestissimo spero, con foto, il liebster award di cui sono stata insignita e nuove cronache da questo piccolo mondo che mi appartiene.

Nella mia ora di libertà

Il babbofamilias ha fatto un regalo di san Valentino alla materfamilias.

Le ha donato circa cinque ore di tempo: bene indisponibile, impagabile, prezioso e irripetibile.

Il programma fin qui ha compreso numero uno lavatrici di capi delicati per arginare il senso di colpa, doppio caffè con panna montata avanzo del dessert della cena di ieri sera e ricciarello dono dell’amica D. (il tutto seduta, leggendo repubblicapuntoitte dal cellulare), lavaggio tazze della colazione, seduta di maquillage accurato con constatazione che si, il mascara sta finendo e che si, ho bisogno una terra abbronzante e anche di migliorare l’idratazione della pelle del mio viso sempre fresco ma non più giovanissimimisisismo, progetto di depilazione polpacci abortito, svolgimento di parte dello schema di mezzopunto ricevuto in dono dalla nonnafamilias per Natale, ricerca Kindle per recupero romanzo lasciato a metà ormai mesi fa, sfida al maltempo e uscita con le amiche, tra cui una che non si vede da anni in quanto ormai trasferita in Perù a svolgere la nobile professione dell’antropologa, acquisto di oggetti tendenzialmente superflui e auspicabilmente in saldo, tra cui il suddetto mascara.
Ore 18: coprifuoco e rientro nei ranghi dell’attività materna.

Sarà un bel pomeriggio. Facciamo in modo di non sprecarlo.

Never a dull moment

Ovvero, non ci si annoia mai. 
Pensavo e alla luce dei recenti avvenimenti, speravo che il mio prossimo post sarebbe stato di risposta a una cosa interessante che la Nonnafamilias, anche lei blogger impenitente, ha pubblicato qualche giorno fa su argomenti profondi come il femminismo, i rapporti di genere e di coppia con dei velatissimi riferimenti alla mia attuale condizione di vita e di famiglia. Perché la discussione, anche se lievemente polemica e lo scontro costruttivo ci scorrono nel sangue e sono un segno inequivocabile di rispetto nella nostra famiglia. Sembriamo litigiosi, in realtà ci si mette solo d’accordo prendendoci le misure. L’appuntamento con le riflessioni profonde incise permanentemente in qualche server sperduto, rinchiuso in un capannone dalla dubbia sostenibilità ambientale è solo rimandato.

Il Babbofamilias è un amante degli sport di contatto. In altre parole, gli piace dare e prendere mazzate in maniere più o meno folcloristiche e violente con altri insospettabili come lui, che nella vita sono babbifamilias, informatici, studenti di ingegneria biomeccanica, vigili urbani, muratori, scolari e così via. Quando si pigliano e si danno mazzate, a volte si pigliano e si danno un pochino più forte del dovuto, perché questa mano può esse fero e può esse piuma e a volte l’uomo medio non è del tutto padrone del proprio kungfu, e quindi può succedere che alle quattro del mattino una mammafamilias qualunque si svegli per allattare e trovi un messaggio che dice “Sono in ospedale, sono un pochino confuso. Però sono sulle mie gambe, tutto ok”. E che questo getti la sottoscritta e succitata donna in uno stato di agitazione che la porta a alzarsi dal letto, telefonare all’ospedale nel cuore della notte per sincerarsi che tutto vada bene, consultarsi con la nonnafamilias che se dio vuole esercita la professione medica e la rassicura ma anche lei che è una vera dura ha gli occhi grandi come tazzine da tè come i cani della favola delle fiabe sonore.
Quindi la mammafamilias torna a letto e cerca di farsi una ragione del fatto che se lui ha risposto al telefono, anche se è confuso, anche se il groppo in gola si sente tangibile attraverso l’etere, anche se una mente ansiosa dà il peggio di sé in questi momenti, va tutto bene e non c’è molto di cui preoccuparsi.
Grazie ai provvidenziali ormoni rilasciati dall’allattamento, la mammafamilias si rilassa e ripiomba in un paio d’ore di sonno.
La mattina seguente, cioè poche ore fa, scopro che i Suoceri sanno tutto e stanno andando in soccorso del primogenito, lasciando in villeggiatura il nonno (bis), che verrà provvidenzialmente recuperato e condotto a casa dei nonni(bis, ma quelli dalla mia parte), nonostante la pioggia da me e dall’Infanta, perché un piatto di pastasciutta in compagnia non si nega a nessuno, figuriamoci a un nonno potenzialmente preoccupato per le sorti del nipote al momento tenuto ostaggio del suo infortunio.
In attesa di notizie, programmo le avventure prossime venture sul fronte intellettuale:

– raccogliere le storie della famiglia dalla viva voce della nonna, affinché non si perdano e restino a imperitura memoria
– rileggere Durrel, perché se ho il pallino degli animali è anche colpa di mia zia che mi propinava certe letture
– mandare curriculum e sperare che scelgano me, tra i mille mila che ricevono continuamente. La cosa mi provoca ansia per ovvi motivi ma alla luce di quanto successo, ho deciso di non lamentarmi perché come dicono i nostri saggi vecchi, quando c’è la salute c’è tutto.

Statemi bene.